Pierluigi Bellacci

Nasce ad Arezzo nel novembre 1948. Nel 1970 entra all’Accademia di Belle Arti a Roma, dove si diploma nel 1973. Inizia ad esporre a Milano negli anni ’70, quando la sua opera è ancora prevalentemente figurativa, con forti richiami simbolisti sebbene già inseriti nel solco di una sperimentazione originale che nel giro di pochi anni porta l’artista alla definizione di una modalità espressiva personale, in cui coesistono astratto e figurativo, pittura e scultura (tableaux sculptés).
Alla fine degli anni ’70 espone a Parigi, Milano e ad Atene, in mostre che suggellano il suo ingresso nel circuito artistico europeo ed internazionale. Tra queste spicca quella presso la FIAC, del 1979, dove Bellacci tornerà ad esporre due anni dopo.
Agli anni 1980-1981 risale la sua personale a Parigi, alla Galerie Samy Kinge, dove tornerà ad esporre anche successivamente (1984). In Italia, sue opere sono alle fiere di Bologna (1983) e Milano (1987).
In quest’ultima città è la Galleria Pisano ad ospitare l’artista nel 1982 il suo lavoro.
Toscana, Roma, Atene (dove espone presso la A.C. Gallery ad Atene nel 1982 e tre anni dopo nella Athena Gallery) ma soprattutto Parigi, sono, dunque, i luoghi di appartenenza e predilezione artistica di Bellacci.
Nella capitale francese si susseguono innumerevoli mostre che testimoniano il successo dell’artista a partire dagli anni ’70. Qui vive a lungo in stretto contatto con l’importante collezionista Alexandre Iolas e ha in sorte di conoscere da vicino il critico Pierre Restany, che per Bellacci scrive nel 1980 una notevole presentazione, che lo consacra appena trentenne al mondo dell’arte.
Una delle ultime importanti mostre parigine di Bellacci si è tenuta nel 2011 alla Galerie Gratadou Intuiti. È, subito dopo, a Ginevra e Atene, nuovamente alla Athena Gallery e, più recentemente, presso il Melina Mercuri Cultural Center. È poi ‘artista del mese’ per la Galleria André a Roma (7 giugno 2012 – 6 luglio 2012). Seguono “Il Fascino del Dubbio” (2013) nella sua Arezzo e “Otto è più di un mezzo” (2015) nella cornice di Villa Arconati.

Principali Esposizioni

1973 Trifalgo Galerie, Rome, Italie

1974 Sileno Galerie, Palermo, Italie

1976 Solo des Comparaisons, Paris

1977 Galerie Etienne de Causans

1977 Galerie Alexandre Iolas, Paris

1979 Master Gallery, N.Y - F.I.A.C.

1980 Samy Kinge Gallery, Paris

1981 Samy Kinge Gallery, Paris - F.I.A.C. Paris

1982 Pisano Gallery, Milano

1983 Flora Gallery, Paris - Fiera Arte Bologna

1984 Samy Kinge Gallery, Paris

1985 Athena Gallery, Athens

1986 Cluny Gallery, Genève

1987 Flora Gallery, Paris Fiera Arte MI

1992 Kiron, Paris

2000 Melina Mercouri Cultural Centre, Athens

2011 Galerie Intuiti Paris

Lo stile

Il filo conduttore dell’opera di Bellacci è l’estrema libertà nell’uso di materie e tecniche differenti. Già nel 1980 Pierre Restany menzionava la sua sapiente tecnica mista a base di grafite e “lavis”, ovvero disegno a inchiostro . Negli ultimi anni va sempre più prediligendo la carta come supporto per colori ad olio:  «La carta è il mezzo ideale per visualizzare un'idea. Inoltre, se il lavoro non va a buon fine, puoi sempre farlo a pezzi. Un modo per non prendersi sul serio. Molto spesso è così che vedo nascere le mie opere più autentiche».
Nelle parole di Marie-Laure Desjardins la pittura di Pierluigi Bellacci libera il pensiero dalla forma e a sua volta il colore libera l'immaginazione. L’autrice sottolinea l’abilità dell’artista nell’iscrivere col suo pennello carico di nero i brani di un alfabeto forgiato nel fuoco di una visione sincretica dell'arte. Il pittore è moderno, ma senza tempo, di ieri come di domani.  La critica si è spesso soffermata, in effetti, sul suo rapporto con gli antichi maestri ed in particolare con la Toscana. Bellacci stesso, nato all’ombra dei capolavori pierfrancescani, non tace la sua fascinazione per i pittori di casa. Ma se l’attenzione formale, il rapporto con la materia e la concezione sacrale dell’arte può avvicinare Bellacci ai maestri di quel tempo, è ancestrale il mondo attorno a cui gravita il suo mistico grafismo di forme sciolte. È per questo, forse, che egli stesso dichiara di sentirsi più vicino ai pittori rupestri di Altamira che a quelli rinascimentali. Ed è proprio in questo che Bellacci dimostra la sua modernità: la stessa passione per l’arte primitiva che lo anima covava, del resto, nell’opera dei grandi artisti del secolo scorso. Sono proprio loro, a detta dell’artista, a indurlo a intraprendere i suoi studi, aprendo una finestra nel suo subconscio. «La pittura», dichiara, «è un meraviglioso viaggio in compagnia delle muse dell'arte, della composizione, del colore, della tecnica, dell'ordine e del caos, della logica e della semplificazione». «Ciò che amo di più del mio lavoro è la ricerca», afferma il pittore. L'opera, come nota la Desjardins, oscilla tra opacità e trasparenza, materia e trascendenza.  Guardando in retrospettiva il suo lavoro, Bellacci sembra percorrere una strada che porta in un tempo alla semplificazione e all’elevazione della materia in puro simbolo, il significato in significante. «L'arte deve riflettere la creazione in ciò che ha di più sacro», assicura, pur rilevando il suo ruolo di specchio della società, prima di affermare: «Gli artisti più sinceri non hanno altra scelta che tenerla lontana dalla vita di tutti i giorni».